PREANNUNCI DEL ROMANZO NELLO SVOLGIMENTO SPIRITUALE ED ARTISTICO DEL MANZONI DEL 1821
3. Atteggiamenti della religiosità manzoniana nei primi Inni sacri (1812-1815).
I primi quattro Inni sacri (la Resurrezione del 1812, il Nome di Maria del 1812-1813, il Natale del 1813, la Passione del 1814-15) ripresentano in -forma nuova, e talvolta profondamente nuova, dopo la conversione, situazioni di contenuto e di stile che si erano però, se ben si guarda, in qualche modo già profilate.
La volontà di opporsi ai mali del mondo, rifugiandosi in sentimenti e in pensieri morali e sicuri, si accentua con il pieno ritorno alla fede. Essa possiede appunto per il Manzoni questa prerogativa soprattutto, a confronto con l'instabile e umanamente debole ragione, e con le molteplici filosofie: la certezza. L'idea di far oggetto del proprio canto le convinzioni spirituali che fervono nell'animo, e di cantarle quindi in forma lirica e commossa, era viva da sempre nel Manzoni, e si era manifestata fin dal Trionfo dela Libertà. Con gli Inni sacri questa situazione sostanzialmente si rinnova. Si tratta ora di esaltare l'unico momento, o l'unico aspetto veramente positivo della storia (per il resto, come vedremo, fatta, per il Manzoni, di debolezze e di orrori), quello che vide compiersi la Redenzione, e il rivolgimento morale-sociale che essa comportò. Proprio per questa unicità della Redenzione, per il fatto che essa ha modificato la condizione dell'uomo sulla terra, ed è divenuta quasi una legge della realtà, il tono della poesia non potrà non essere alto ed epico: gli Inni trascrivono questa storia nelle sue linee solenni, anche se la forma cerca di farsi rapida e sciolta.
Ma i grandi fatti antichi della religione hanno questo di particolare, che i loro effetti continuamente si rinnovano, ed agiscono dunque ancor oggi nella vita di ogni uomo. Appare quindi (o riappare, se si pensa ai Sermoni) in misura ancora limitata, un altro grande tema manzoniano, quello della vita quotidiana (ecco, ad esempio, la visione della mamma che veste i suoi bamboli della veste festiva). Anzi, proprio il trapasso dal tono epico al tono umile rappresenta la causa di un certo squilibrio artistico che i primi inni rivelano. Non vien meno la convinzione sull' esistenza di due mondi umani: vi è accanto alla « superba imbandigione » il « desco poveretto »; vi sono i pastori ai quali l'angelo annunzia la novella e un « duro mondo » che li ignora. Già nel carme per l'Imbonati gli uomini apparivano distinti in « protervi » e in « giusti »; ora il Manzoni tende a identificare i primi nei ricchi e nei potenti, gli ultimi nei poveri e negli oppressi E si affaccia un'altra convinzione: gli umili sono più vicini a Dio. A deporre la spregiata lacrima nel seno di Maria è la « femminetta », che si consola esponendo gli affanni della sua « immortale alma ».
La descrizione del mondo della natura, contemplata nella sua bellezza e nella sua forza, non viene meno neppur essa: la natura è presente nei paragoni. Queste descrizioni già si inseriscono dunque, secondo un procedimento che resterà costante nelle sue linee esssenziali, in una più ampia intuizione (come poi si inseriranno in una più vasta azione). I grandi fatti della religione umana sono paragonati costantemente ai fatti della natura, e questo rapporto è intimamente giustificato dalla conformazione dello spirito manzoniano: il Dio della natura è lo stesso Dio che vive nella coscienza morale. Già nel Trionfo della Libertà, nei Sermoni e nel carme In morte di Carlo Imbonati il Manzoni si proponeva di fare opera educativa. Ora egli canta la religione, che è di tutti, e che quindi, intesa come morale che guidi nei casi della vita, interessa tutti: l'intento educativo naturalmente diviene più forte, e non può non avere evidenti influssi sulla forma: la sintassi si fa mossa, la metrica facile, sciolta e vivace, nei suoi versi brevi rapidi. Dal più pacato endecasillabo sciolto il Manzoni passa alla struttura fervida dell'inno: ciò che a noi presentemente interessa è la constazione di questo pur limitato progresso dello scrittore verso forme più chiaramente popolari, e perciò care al romanticismo.
La volontà di opporsi ai mali del mondo, rifugiandosi in sentimenti e in pensieri morali e sicuri, si accentua con il pieno ritorno alla fede. Essa possiede appunto per il Manzoni questa prerogativa soprattutto, a confronto con l'instabile e umanamente debole ragione, e con le molteplici filosofie: la certezza. L'idea di far oggetto del proprio canto le convinzioni spirituali che fervono nell'animo, e di cantarle quindi in forma lirica e commossa, era viva da sempre nel Manzoni, e si era manifestata fin dal Trionfo dela Libertà. Con gli Inni sacri questa situazione sostanzialmente si rinnova. Si tratta ora di esaltare l'unico momento, o l'unico aspetto veramente positivo della storia (per il resto, come vedremo, fatta, per il Manzoni, di debolezze e di orrori), quello che vide compiersi la Redenzione, e il rivolgimento morale-sociale che essa comportò. Proprio per questa unicità della Redenzione, per il fatto che essa ha modificato la condizione dell'uomo sulla terra, ed è divenuta quasi una legge della realtà, il tono della poesia non potrà non essere alto ed epico: gli Inni trascrivono questa storia nelle sue linee solenni, anche se la forma cerca di farsi rapida e sciolta.
Ma i grandi fatti antichi della religione hanno questo di particolare, che i loro effetti continuamente si rinnovano, ed agiscono dunque ancor oggi nella vita di ogni uomo. Appare quindi (o riappare, se si pensa ai Sermoni) in misura ancora limitata, un altro grande tema manzoniano, quello della vita quotidiana (ecco, ad esempio, la visione della mamma che veste i suoi bamboli della veste festiva). Anzi, proprio il trapasso dal tono epico al tono umile rappresenta la causa di un certo squilibrio artistico che i primi inni rivelano. Non vien meno la convinzione sull' esistenza di due mondi umani: vi è accanto alla « superba imbandigione » il « desco poveretto »; vi sono i pastori ai quali l'angelo annunzia la novella e un « duro mondo » che li ignora. Già nel carme per l'Imbonati gli uomini apparivano distinti in « protervi » e in « giusti »; ora il Manzoni tende a identificare i primi nei ricchi e nei potenti, gli ultimi nei poveri e negli oppressi E si affaccia un'altra convinzione: gli umili sono più vicini a Dio. A deporre la spregiata lacrima nel seno di Maria è la « femminetta », che si consola esponendo gli affanni della sua « immortale alma ».
La descrizione del mondo della natura, contemplata nella sua bellezza e nella sua forza, non viene meno neppur essa: la natura è presente nei paragoni. Queste descrizioni già si inseriscono dunque, secondo un procedimento che resterà costante nelle sue linee esssenziali, in una più ampia intuizione (come poi si inseriranno in una più vasta azione). I grandi fatti della religione umana sono paragonati costantemente ai fatti della natura, e questo rapporto è intimamente giustificato dalla conformazione dello spirito manzoniano: il Dio della natura è lo stesso Dio che vive nella coscienza morale. Già nel Trionfo della Libertà, nei Sermoni e nel carme In morte di Carlo Imbonati il Manzoni si proponeva di fare opera educativa. Ora egli canta la religione, che è di tutti, e che quindi, intesa come morale che guidi nei casi della vita, interessa tutti: l'intento educativo naturalmente diviene più forte, e non può non avere evidenti influssi sulla forma: la sintassi si fa mossa, la metrica facile, sciolta e vivace, nei suoi versi brevi rapidi. Dal più pacato endecasillabo sciolto il Manzoni passa alla struttura fervida dell'inno: ciò che a noi presentemente interessa è la constazione di questo pur limitato progresso dello scrittore verso forme più chiaramente popolari, e perciò care al romanticismo.